Il diritto alla disconnessione, per definizione, è il diritto del lavoratore a non essere reperibile al di fuori dell’orario di lavoro.
In altri termini, si configura come il diritto del dipendente a disconnettersi dall’ambiente lavorativo, senza subire conseguenze negative sullo stipendio o sul proseguimento del contratto in caso di mancata risposta.
Aspetto, questo, portato alla ribalta dallo smartworking, forma di lavoro a distanza che il COVID-19 ed i diversi lockdown hanno reso di capillare utilizzo.
Il diritto alla disconnessione trova il suo primo (ed allo stato ancora grezzo) riconoscimento nell’art. 19 della L. 81/2017 (Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato), dove si legge che “L’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché’ le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”.
Una recente indagine ha consentito di appurare che chi svolge regolarmente smartworking ha il doppio delle probabilità di lavorare oltre l’orario massimo stabilito rispetto a coloro che non lo fanno.
Tuttavia, il diritto alla disconnessione è concetto che trova applicazione anche oltre al lavoro agile e che permea tutte le figure di lavoratori (compresi i liberi professionisti), sempre costantemente raggiungibili attraverso le nuove tecnologie, con mail e messaggistica varia.
Sul punto, è recentemente intervenuto il Parlamento Europeo che, in data 21.01.2021, ha richiesto alla Commissione Europea un intervento normativo specifico, tale da permettere ai lavoratori di disconnettersi al di fuori dell’orario di lavoro, stabilendo delle regole base da rispettare nel caso di lavoro da remoto e prevedendo, altresì, che i datori di lavoro non possano chiedere ai propri dipendenti di essere disponibili al di fuori del loro orario lavorativo e che i collaboratori evitino di contattare i colleghi per motivi di lavoro quando non sono disponibili.
È stato, infatti, sottolineato che le interruzioni al tempo di riposo e l’estensione delle ore lavorative rischiano di provocare un impatto negativo sulla salute, sull’equilibrio tra vita privata e professionale e sul riposo.
In questo contesto, l’introduzione del diritto alla disconnessione fra le previsioni del Codice Etico aziendale rappresenta un’opportunità da cogliere per quegli imprenditori che, con un deciso scatto in avanti, intendono salvaguardare il benessere di tutti i lavoratori e collaboratori dell’azienda ovunque il lavoro sia svolto.
Saluzzo, 30 marzo 2021
Avv. Monica Binello
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