Come noto, l’art. 375 del Codice della Crisi d’Impresa (D. Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14), ha modificato la rubrica dell’art. 2086 cod. civ. – prima” Direzione e gerarchia dell’impresa”, ora “Gestione dell’impresa” – ed introdotto, sempre nel citato articolo, il comma secondo, così formulato: “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
Un emendamento che va ben oltre il valore meramente lessicale della nuova formulazione e che rappresenta, nell’ottica delle finalità perseguite dal Legislatore della crisi d’impresa, una pietra miliare del nuovo (necessario) assetto dell’impresa.
La terminologia giuridica è, invero, chiara nell’introdurre un preciso dovere per l’imprenditore (non individuale, per il quale vale l’art. 3 del C.C.I.) di adottare adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, volti al monitoraggio dello “stato di salute” dell’impresa, in funzione della prevenzione di situazioni che potrebbero determinare la crisi dell’impresa medesima e la sua successiva insolvenza.
Numerosi i contributi intervenuti in questi anni ad interpretazione della ratio legislativa sottesa al C.C.I. (prevenire la crisi dell’impresa al fine del suo recupero e non espulsione dal mercato).
In questo breve scritto, ci si limita ad indagare se l’utilizzo della congiunzione “anche”, nel ricordato comma secondo dell’art. 2086 cod. civ., traghetti il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo di cui al D. Lgs. 231/2001 nella categoria dei successivamente citati “strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
Domanda a cui pare possibile dare una risposta positiva, ove si considerino le affinità tra il C.C.I. ed il MOG 231.
Ed invero, sia il D. Lgs. 14/2019 che il D. Lgs. 231/2001 postulano:
- La necessità di un ripensamento della governance societaria finalizzata all’efficace gestione anticipata del “rischio”, rappresentato dall’insorgenza di una crisi nel C.C.I. e dal compimento di un reato c.d. presupposto nella disciplina 231;
- La punizione della “colpa d’organizzazione”, vista come violazione del dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa nel C.C.I. e come mancato impedimento del reato c.d. presupposto quanto alla normativa sulla responsabilità amministrativa dell’ente;
- La presenza di un organo di controllo, espresso dal sindaco o dal revisore dei conti nel C.C.I. e dall’Organismo di Vigilanza nel D. Lgs. 231/2001;
- L’introduzione di “procedure di allerta”, individuabili in strumenti funzionali alla tempestiva emersione degli indizi di crisi dell’impresa e alla sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione quanto al C.C.I. e nei flussi informativi verso l’ODV nella normativa 231;
- La previsione di benefici in caso di adozione dei controlli preventivi (misure di alert o MOG), nello specifico costituiti da misure premiali quali indicate nel C.C.I. (interessi su debiti tributari ridotti alla misura legale, sanzioni ed interessi su debiti tributari ridotti alla metà nell’eventuale successiva procedura di regolazione della crisi, proroga del termine fissato per il deposito della proposta di concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti pari al doppio di quella ordinaria, solo per citarne alcune) e nella esenzione da responsabilità amministrativa dell’ente nel D. Lgs. 231/2001.
I diversi punti di contatto sopra indicati, in sostanza, consentono di identificare nel MOG 231 uno degli strumenti (non di certo l’unico) “ … previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”, proprio per la sua capacità intrinseca di svolgere quell’azione di monitoraggio che, pur diversamente finalizzata (evitare la commissione di reati presupposto), può consentire all’impresa di individuare in anticipo le aree di criticità dove più è possibile che venga a formarsi la crisi d’impresa.
Basti pensare, a titolo esemplificativo, alla funzione della compliance 231 sui reati di False comunicazioni sociali (art. 2621 cod. civ.), di Illegale ripartizione degli utili e delle riserve (art. 2627 cod. civ.), di Corruzione tra privati (art. 2635 cod. civ.), di Riciclaggio (648 cod. pen.) ed Autoriciclaggio (art. 648 ter cod. pen.), quali reati che, spesso prodromici alla commissione di reati fallimentari, ben possono segnalare le difficoltà (rectius: la crisi) dell’impresa.
Quindi: prevenire la commissione dei reati presupposto, con l’adozione e l’attuazione di un adeguato Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo, può consentire di prevenire la crisi.
Tant’è che da più parti si sta parlando dell’adozione di un Modello Unico nel quale trasfondere tanto il MOG 231, quanto le procedure di allerta previste dal C.C.I..
All’esito di quanto sopra, non pare così lontana la possibilità di considerare l’adozione del MOG 231 come un “obbligo” non codificato per l’impresa che voglia adeguarsi alle previsioni di cui al C.C.I..
Saluzzo, lì 20 maggio 2021
Avv. Monica Binello
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